Ho automatizzato un blog al 100% con l’AI.
una riflessione sul futuro dei contenuti.
Ci giriamo tutti intorno, ma la verità è che gran parte di quello che leggiamo online, dalle notizie di testate famose ai post sui social delle aziende, fino a un’infinità di blog, è già pesantemente influenzato, se non scritto, dall’intelligenza artificiale. Spesso, senza che nessuno si prenda la briga di dirlo.
Guardando questo scenario mi sono fatto una domanda tanto semplice quanto inevitabile:
“Se lo fanno tutti in silenzio, cosa succede se lo faccio in modo esplicito, spingendo l’acceleratore al massimo? Posso automatizzare un blog al 100%?”
Da questo è nato un piccolo esperimento: stream.escamotages.com.
AI a briglia sciolta
L’idea era semplice: creare un sistema dove una AI facesse tutto da sola. Il processo che ho messo in piedi è questo:
- L’AI scandaglia la rete in cerca di argomenti “caldi” nel settore della tecnologia.
- Una volta scelto un trend, si mette a scrivere un articolo.
- Infine, cerca un’immagine che ritiene pertinente e pubblica il tutto.
Il tutto senza un singolo intervento umano. Il mio unico compito è stato avviare la macchina.
I risultati? Sorprendentemente solidi. Gli articoli sono coerenti, leggibili, spesso centrano il punto. Non vinceranno premi letterari, ma nemmeno sfigurerebbero in mezzo a tanti post scritti da umani frettolosi.
A volte l’AI mostra un eccesso di zelo creativo: immagini fuori contesto, toni che oscillano tra il didattico e l’entusiasta. Ma è parte del gioco.
Cosa cerchiamo davvero in un contenuto?
Guardando questo flusso di contenuti automatici mi sono ritrovato a riflettere: cosa cerchiamo davvero in un contenuto?
E soprattutto: quanta differenza c’è (e ci sarà) tra ciò che crea una macchina e ciò che scrive un umano?
L’AI è la somma di miliardi di esperienze digitalizzate. Ha accesso a correlazioni che a noi sfuggono, lavora senza tregua e senza bias personali (se non quelli ereditati). È come uno specchio che riflette il sapere collettivo, una coscienza del web.
L’umano, invece, porta qualcosa di diverso: una tensione continua tra ragione ed emozione, tra consapevolezza e caos. Ma la differenza non è più netta come vorremmo credere. Emozioni, ironia, persino ricordi possono essere modellati in un LLM. L’unica vera frattura, per ora, è che noi sappiamo di essere limitati, mentre un’AI non si percepisce come tale.
Competizione o specchio?
Alla fine, la domanda per me non è se l’AI sostituirà l’uomo, ma se possiamo usarla per alzare la nostra asticella.
Se un sistema è in grado di giocare a Go meglio di chiunque altro, può diventare il nostro nuovo livello da battere. Se riesce a scrivere articoli più veloci e “decenti” di un redattore medio, forse tocca a noi riportare la qualità oltre la mediocrità algoritmica.
Usare un’AI è come confrontarsi con una versione amplificata di sé stessi: uno specchio deformante che mescola le nostre intenzioni con le esperienze collettive di miliardi di esseri umani.
Una che potenzia l’altra
Non è una gara, è una simbiosi.
L’AI può occuparsi del lavoro pesante: aggregare, elaborare, produrre bozze. Ma resta all’umano il compito di dare un senso a tutto questo: decidere, scegliere, infondere una direzione e un significato. Trasformare un contenuto in un messaggio.
Questo blog automatico ne è la prova. Mostra fin dove può spingersi un’intelligenza artificiale lasciata libera. E, per contrasto, rivela quanto sia ancora prezioso il nostro tocco.
Vi invito a farci un giro: stream.escamotages.com. Non è un prodotto finito. È un microscopio puntato su un futuro possibile. Un futuro in cui, forse, l’umano e la macchina impareranno a rincorrersi e migliorarsi a vicenda, usando la potenza del collettivo per esaltare la bellezza dell’individuale.
